Il mio That’s Live 2018: Giorno 3 – Il concerto

21/7/2018

Dopo mesi di attesa passati a studiare i pezzi e a immaginarci come sarebbe stato, quel giorno è arrivato: abbiamo visto riempirsi gli spalti dello stadio Franchi e abbiamo dato a quella gente ciò che si meritava: tutta la nostra energia e passione per la musica, tutto ciò che avevamo, divertendoci ed emozionandoci come pazzi.

La mattinata è stata dichiarata libera e dopo il lungo e impegnativo secondo giorno di prove, ho optato per riprendermi con una passeggiata e un pranzo nel centro di Firenze. La città era affollata da altri millini e da spettatori del concerto, molti già muniti di maglietta a tema. Ci riconoscevamo e ci salutavamo, pregustando la notte di musica che avremmo vissuto.

Nel pomeriggio erano previste brevi prove di alcuni gruppi allo stadio, principalmente per motivi tecnici di ottimizzazione del suono. Visti i ritmi massacranti di questi giorni, è passato un po’ in secondo piano il Rotation Stage: ieri sono state selezionate le canzoni con più partecipanti e oggi in tarda mattinata è stato aperto, con poco preavviso, il palco. Non so quanti brani siano stati suonati, immagino una piccola percentuale di quelli proposti.

Girovagando intorno allo stadio vedevo persone fare ciò che molte volte ho fatto io stesso andando ad un concerto: inventarsi un parcheggio, scartare un panino portato da casa, cambiarsi la maglietta per strada, avvicinarsi ai cancelli armeggiando con il cellulare in cerca di amici dispersi o di uno scatto suggestivo… pensare che quella gente fosse là per noi, per il nostro spettacolo, è stato elettrizzante, strano ma bello.

Dalle 18 alle 20 circa, i mille sono progressivamente rientrati nello stadio per indossare l’outfit di scena, cambiare le batterie ai body-pack, rilassarsi e prepararsi a scendere in campo.

Da quest’anno, tutti i musicisti sono stati dotati di cuffie wireless illuminate, ad eccezione dei cantanti, per i quali è stato usato il classico ricevitore da tenere in tasca e abbinare a cuffiette proprie. Ho apprezzato la scelta, anche perché con le luci basse il colpo d’occhio dei led blu sulle cuffie degli strumentisti era notevole. Giusto invece lasciare ai cantanti la libertà di scegliere se usare cuffie o auricolari, magari anche singoli: si dice infatti che per cantare le orecchie servano quanto la bocca e che sia fondamentale riuscire a sentire bene la propria voce durante un live.

Tramite le cuffie, ciascun musicista ascolta una base midi essenziale del pezzo, con voci guida che scandiscono gli attacchi delle varie sezioni. In più, si ricevono in cuffia anche le voci dei responsabili della logistica, dei presentatori, dell’ospite (Courtney Love) e soprattutto del proprio guru, che come un angelo custode richiama, incita, incoraggia, ricorda di fare attenzione a certi passaggi.

Il colpo d’occhio dello stadio gremito in attesa del nostro ingresso era davvero bello, ma c’era ancora troppa luce nel cielo, avremmo dovuto contenere la foga ancora per un po’.

Stadio Franchi gremito prima del Rockin'1000 That's Live 2018

Finalmente, passate da poco le 21, è iniziata la lunga uscita dei musicisti, applauditi dal pubblico. Abbiamo cercato di sfilare in modo discretamente ordinato e professionale, per quanto si potesse visti i costumi vestiti con cui alcuni s’erano travestiti abbigliati!

Tutti schierati, dunque si parte? No! C’è un problema, ne sta parlando lo stage manager negli auricolari: dopo giorni di infinita pazienza passati a richiamare all’ordine quella mandria di casinari che siamo, questo professionista è riuscito a fronteggiare anche un disguido elettrico che faceva saltare la corrente a gruppi di musicisti, proprio quando la performance doveva iniziare.

Entrano i presentatori Nikki e Federico Russo, ai quali si unisce Fabio Zaffagnini tra gli applausi del pubblico, che poco dopo accoglie con una ovazione il direttore, introdotto come vuole la tradizione sanremese: “Dirige l’orchestra il maestro Peppe Vessicchio!”.

Si parte con il Preludio n° 1 di Bach, e dopo un paio di battute è il turno delle percussioni, che entrano sul prato del Franchi scuotendo il pubblico per 4 minuti al ritmo dei loro tamburi. Ma questi sono solo preliminari, ci pensano le tastiere ad accendere del tutto la serata sparando l’inconfondibile sequenza di accordi che apre Sympathy For The Devil, in cui anche i cantanti sono finalmente protagonisti. La canzone sfocia in Hush, grazie a un medley azzeccatissimo fra Rolling Stones e Deep Purple, proprio a 50 anni dall’uscita dei due pezzi.

Altre due parole di Federico Russo, poi si parte sul serio, in una sequenza da lasciare senza fiato: tutta la potenza della band più grande del pianeta travolge il pubblico grazie agli AC/DC, poi si canta e si balla con Blitzkrieg Bop, ma è con Don’t Look Back In Anger che si forma un unico caldo coro tra gli spalti e il prato: commovente.

Dopo gli Oasis partono le inconfondibili tastiere di Numb, in ricordo dello scomparso Chester Bennington dei Linkin Park. Noi lead vocals la cantiamo tutto d’un fiato, molto concentrati, dovendo legare due versi che nel disco sono incisi separatamente: “I’ve become so numb / I can’t feel you there”, ma il vero delirio deve ancora arrivare, ed è affidato ai quattro magici accordi che aprono Nevermind, il disco più famoso del grunge.
Su Smells Like Teen Spirit iniziano a ballare e a urlare tutti, e qualcosa mi dice che questa canzone ventisettenne continuerà a fare lo stesso effetto a tante altre generazioni future. È il mio pezzo preferito, da ragazzino sognavo di suonarlo su un palco, ma mai avrei creduto di farlo con altri 1500 pazzi, accolto dal boato di uno stadio gremito. Ci penso mentre canto e mi scende una delle migliori lacrime della mia vita.

Dopo i Nirvana arrivano gli Who (gran lavoro dei bassi e delle tastiere su Won’t Get Fooled Again). Poi una lunga introduzione dei pianoforti accompagna un discorso toccante di Fabio Zaffagnini, contro le frontiere e le discriminazioni, con una dedica a tre persone scomparse (un membro dello staff di Rockin’1000, un fan che avrebbe dovuto essere presente all’evento e il compianto capitano della Fiorentina Davide Astori).

L’atmosfera è commovente, tutti gli spettatori hanno acceso una torcia o un accendino e l’introduzione delle tastiere sfocia in Where Is My Mind?. Il brano dei Pixies culla il pubblico verso un altro momento topico: l’arrivo di Courtney Love, che si fa strada a piedi nudi nel corridoio centrale, in mezzo alle due “falangi” dei bassisti e canta a modo suo Olympia, Malibu e Celebrity Skin, sostenuta nei cori e negli incisi dai 300 cantanti. Credo si sia divertita a vivere questa esperienza, come a noi ha fatto piacere travolgerla con la potenza del sound Rockin’1000, fino all’ultima nota tenuta per ben 45 secondi, quando dopo un cenno di intesa con Vessicchio, la cantante e il direttore ci hanno dato lo stop. Puntuale, il guru Nicola ci ha detto in cuffia: “Complimenti ragazzi, avete appena cantato con Courtney Love”.

Salutata l’artista americana, è entrato il variopinto gruppo di trombettisti, trombonisti e sassofonisti, suonando un arrangiamento per ottoni di Whole Lotta Love e introducendo l’ultima parte del concerto, quella più funky. La divertente Hard To Handle di Otis Redding, la famosissima Born To Run di Springsteen, poi il momento che in moltissimi aspettavamo: “Doh, doh doh doh…” e il pubblico è già in delirio per Uptown Funk, riuscitissimo pezzo di Mark Ronson e Bruno Mars: allegria pura e tutti a ballare, sul campo e sugli spalti.

Come da programma proseguiamo con la botta finale: volumi al massimo su Killing In The Name dei Rage Against The Machine.
La scaletta, al netto del bis, sarebbe finita, ma i guru annunciano in cuffia: Ragazzi, state spaccando… facciamo anche Gold On The Ceiling e Suck My Kiss.
Pur di non smettere, penso che molti di noi avrebbero suonato anche Orietta Berti, quindi ci siamo goduti i Black Keys e tutto sommato anche i Red Hot, anche se con un brano un po’ spigoloso.

Immancabile il finale con Learn To Fly, per unire tutti, vecchi e nuovi, in quel sogno targato Foo Fighters che si è realizzato quattro anni fa a Cesena. E giù altre belle lacrime, mentre sul campo del Franchi saltavano le regole, i musicisti e i cantanti si mischiavano, ballavano, saltavano ovunque.

Dopo l’ultima nota, ci arriva in cuffia l’annuncio più bello: “Ragazzi, potete andare sotto le tribune a salutare il pubblico”. La gente sugli spalti ha visto correre verso di se questa marea umana, come una carica di un esercito innocuo, ed è stato magnifico per loro e per noi.

Il miracolo Rockin’1000 si è ripetuto, e stavolta c’ero anch’io.

Io al termine del concerto Rockin'1000 That's Live del 2018 a Firenze

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